Mi sono unita al gruppo nel momento del massimo splendore. A cena, la sera prima della gara. Un ristorante del centro di Torino, affollato di voci e di calore. All’uscita la foto tutti insieme o quasi, perché c’era chi era già fuggito. In città mille luci e istallazioni artistiche, davvero bella Torino. Io sono arrivata per
ultima, gli altri avevano già visto la città. Erano saliti sulla Mole per ammirare il
panorama. I dilettanti, gli atleti che da grandi hanno cominciato a cimentarsi con le competizioni, al mattino prima della gara appaiono tranquilli. Fanno mostra di dominare la situazione dal lato emotivo. Ma sotto sotto un po’ di adrenalina, secondo me, comincia a correre. Almeno per me è così. Il solito tarlo mi tormenta: sarò all’altezza, ce la farò? Poi stavolta mi hanno messo a capovoga, non lo dico, accetto disciplinatamente, ma mi sembra un azzardo.
Da casa, da Roma, porti tutto quello che ti serve, poi – inevitabilmente – ti scordi le cose in albergo e via così. Tanto non sarà mai tutto perfetto.
Un tram per arrivare al Po, al grande fiume, e la sorpresa: l’acqua è pulita. Trasparente. Pare incredibile, vero? Il caos gioioso degli equipaggi che si preparano, che montano, che trasportano barche, che fanno un po’ di riscaldamento. Fa freddo, ma la giornata di domenica è luminosa, piena di sole.
Si avvia l’otto delle donne . Sono forti e sorridenti. Le vedo risalire lungo il fiume insieme con altre decine di barche, di ragazzi, di adulti e di ‘anta’ come me. Ci sono i ponti, la gente che guarda da su e quella che si gode lo spettacolo dalla riva, alle 11 è già in vista un aperitivo. L’otto femminile lo vedo all’arrivo, dalla pedana di un circolo poco più a monte della canottieri Esperia, che ci ospita e da dove cominceremo a remare anche noi. Vanno benissimo, almeno coì mi sembra. E poi è proprio così, arrivano terze!!! L’otto degli uomini, parte subito dopo. Li fotografo da sopra, prima della partenza. ‘Guardate in alto’ per una foto. Poi se ne vanno. Non riesco a seguirli per bene, comincia a salire l’ansia della mia di gara! Io sono sul quattro di coppia. Portare la barca in acqua non è facile, c’è un caos, tutti che strillano: ‘occhio!’ e nessuno che si scansi o presti davvero attenzione. Però alla fine, non si sa come, le barche sono in
acqua, i remi al loro posto. Prima della gara hai tanti pensieri in testa. Cerchi di concentrarti, ti dicono sempre che la testa è tutto, che è lì che si decide. Sicuro è così. Ma di fatto per me, è nei polmoni, è lì che mi sembra sempre di mancare.
A salire il fiume prima dei 5 chilometri fatidici, che al remoergometro ho fatto tante volte, magari faticando, ma anche in scioltezza, a salire – dicevo – è bellissimo. Si passa sotto i ponti di Torino, prima monumentali, poi via via più lineari e moderni. Le sponde sono verdi, le strade subito accanto trafficate. Biciclette, bambini e gente che corre. Testa in barca! Concentrazione. Devo dare ritmo alla remata, devo cercare di avere un colpo uniforme, regolare.
Si gira a favore di corrente, si aspetta ancora qualche minuto. Dalle sponde gli
organizzatori dirigono il traffico. Passa prima 283, vai in partenza. 290 aspetta,
mettiti di lato…. E’ strano. Nella testa ti fai tanti giri, sul momento in cui partirai darai il primo colpo, scivolerai la prima volta col carrello. Ti concentri, sei tesa. E poi quando davvero ti danno il via, non sei – non sono – mai pronta davvero. Non dico che vorrei scappare. Ma insomma, è più la tensione della gioia di esserci. Quella arriva dopo alla fine. Lo dico subito. Ho fatto una grande fatica, l’ansia mi ha fatto restare in apnea, senza fiato a un chilometro dalla partenza. Ho fatto un grande sforzo a recuperare e a mettermi al passo giusto. Il fiume, con i ponti, è un percorso a S. Il timone è al primo posto, non siamo abituati. Ma Simona allenatore e prodiere dice che non devo toccarlo, che chiamerà i rinforzi. In barca bisogna stare zitti ed eseguire. E così faccio. A un certo punto Simona grida ‘timone’ e capisco che solo per quella volta devo rinforzare anche io e così faccio. 5 chilometri sono lunghi. Prendo coraggio e cerco di dare tutto. Ho la maledetta sensazione di correre troppo col carrello. Sarà così? Non lo so, davvero non lo so. Non abbasso il ritmo, però. Resisto. Non ci sorpassa nessuno, questo è un buon segno, penso. Alla fine siamo seste. Su otto. Inutile dire che sono delusa. Siamo dilettanti, siamo ‘anta’, io ho cominciato a remare che avevo quasi 50 anni, non posso chiedere di più. Già il fatto di essere qui, di poterlo fare, mi sembra un regalo della vita. E perciò la delusione passa presto. In ogni caso, sono stanca, sono quasi certa di aver dato tutto. Dico quasi perché secondo me ‘tutto’ non è mai arrivato. Un panino veloce, un po’ di sole sulla terrazza dell’Esperia – gli altri sono nel caos del salone all’interno – e poi ognuno prende la sua strada. Torniamo in ostello, al Combo, oppure si avviano verso la stazione già per riprendere il treno. La mia gara è finita, Torino mi aspetta. Siamo arrivati per ultimi, sabato sera, ma ora abbiamo due giorni davanti a noi per girarla. Fa freddo, ma non fa nulla…Ci sarò, anche l’anno prossimo ci sarò. Anche se al primo colpo, al via, è inutile non sarò mai veramente pronta. Valeria Manna
D’Inverno sul Po – Torino – 13 febbraio 2022

Lascia una risposta